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Myanmar
25 Novembre - 11 Dicembre 2010

Myanmar


Foto di Clelia Belgrado

INFORMAZIONI:
vernissage: Giovedi' 25 novembre 2010 alle 18
dove: La Spezia (SP)
presso: Centro Salvador Allende, viale Mazzini, 2
orari: mar-sab 14.30-18.30 domenica e lunedi chiuso
biglietti: ingresso libero

Giovedi' 25 novembre 2010 alle 18, con Clelia BELGRADO, si inaugura l'esposizione della proposta n°58 del Foyer del Centro “Salvador Allende” in collaborazione con il “Circolo Culturale Il Gabbiano”.

Questa mostra, da tempo accolta nei programmi espositivi del Foyer, coincide con l'agognata fine della detenzione del Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, rilasciata nei giorni scorsi dopo sette anni di arresti domiciliari. A questa straordinaria voce della libertà, reclusa per ben quindici degli ultimi venti anni della sua vita, e' idealmente dedicato il significativo reportage fotografico di Clelia Belgrado dedicato alla Birmania (dal 1989 Myanmar). Facciamo nostra l'esortazione di Aung San Suu Kyi, rivolta al suo popolo, ma anche alle donne ed agli uomini di ogni paese del mondo, che lottano per la difesa dei diritti umani di “non perdere la speranza” e ci uniamo alle belle parole del presidente Giorgio Napolitano, per il quale ''la liberazione di San Suu Kyi rappresenta uno di quei rari momenti in cui siha il senso di nuovi orizzonti che si aprono per la causa della libertà e della pace nel mondo”.

Clelia BELGRADO, vive e lavora a Genova. Laureata in Lettere con indirizzo storico/artistico (BFA) presso l'Università di La Trobe, Melbourne Australia. Successivamente frequenta corsi di specializzazione a Genova, Milano e negli Stati Uniti. Dal 1997 si dedica in modo professionale alla Fotografia, esponendo in spazi espositivi e gallerie di prestigio sia in Italia che all'estero. Dal 2009 e titolare e direttore della VisionQuesT gallery di Genova, una delle poche gallerie in Italia, e l'unica a Genova, che si occupa esclusivamente di fotografia.

In uno dei testi nel libro (Edizioni Silvana Editoriale) che accompagna la mostra, Denis CURTI scrive:
“E' potente e surreale la luce che informa le immagini di Clelia Belgrado. Sembra filtrare attraverso le fronde di un grande albero, poggiandosi con accecante intensità sui dettagli minimi di inquadrature invase da ombre impenetrabili. Il suo lavoro acquisisce cosi' un forte carattere di teatralità, al punto da ingenerare talvolta nell'osservatore l'impressione di trovarsi di fronte a messinscene orchestrate da un'abile regia. Eppure, tutt'altro che frutto di accurate ricostruzioni, gli scatti realizzati dalla fotografa descrivono la realtà di una popolazione, quella di Myanmar (Birmania fino al 1989), fiaccata da un'interminabile crisi politica nazionale ma insieme animata da una straordinaria spiritualità. Per raccontarla Belgrado organizza una sequenza a metà fra il genere reportagistico e quello del ritratto o, per meglio dire, compone un reportage atipico attraverso una serie di ritratti fotografici. Si tratta in particolare di ritratti ambientali, ovvero nei quali tutto cio' che circonda il soggetto, in questo caso le magiche atmosfere di luoghi reconditi e antichi, riveste un ruolo fondamentale per la sua stessa descrizione. A testimonianza di questo, la porzione dell'inquadratura occupata dai protagonisti umani e' spesso minima, mentre ampio spazio viene riservato alla rappresentazione della scena. Vengono in mente i ritratti di Diane Arbus ed Henri Cartier-Bresson, nei quali una bizzarra umanità d'oltreoceano cosi' come famosi personaggi del mondo dell'arte e dello spettacolo vengono ripresi laddove il fotografo li ha incontrati piuttosto che sullo sfondo uniforme di uno studio, dando vita a un sottile gioco di rimandi. All'interno di questo schema emerge con evidenza la scelta della fotografa di concentrare lo sguardo sulla ritualità che governa la quotidianità (non soltanto religiosa) degli uomini e delle donne di Myanmar, i cui gesti appaiono immancabilmente misurati e calibrati: ne risulta che ognuno si fa simbolo di un intero popolo e di un'intera nazione, senza tuttavia scadere nel pericolo dell'omologazione, ma riconoscendo la profonda dignità dell'individuo.”

PER ULTERIORI INFORMAZIONI:
tel: 0187 29210
info@visionquest.it


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